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Alimentazione

Il Cioccolato | Dalla Raccolta alla Conservazione | Myprotein.it

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Dallo scrittore Myprotein Leonardo Cesanelli, laureato in Scienze e Tecnologie Alimentari, laureando in Nutrition and Functional Food.

Come Si Produce Il Cioccolato?

In questo articolo tratteremo, partendo dal cacao, le tappe principali che portano alla produzione di uno degli alimenti più amati: il cioccolato. Iniziamo col dire che secondo l’Unione Europea viene definito cioccolato, il prodotto ottenuto da prodotti di cacao e zuccheri che presenta un tenore minimo di sostanza secca totale di cacao del 35%, di cui non meno del 18%, di burro di cacao e non meno del 14% di cacao secco sgrassato (DLgs 12 /06/ 2003, n. 17, (allegato 1); attuazione Dir. 2000/36/CE).

Dal punto di vista fisico-chimico può invece essere definito come una sospensione di particelle di zucchero e cacao in una fase continua di grasso (Arlorio, 2004). Molto sinteticamente, la struttura del cioccolato fondente è il risultato di numerose operazioni unitarie che partono dalla preparazione degli ingredienti fino alla fusione degli stessi in uno stampo, analizzeremo “passo passo” le fasi salienti di questo processo produttivo.

Raccolta

Iniziamo dalla raccolta dei frutti (bacca denominata cabosside contente dai 20 ai 60 semi immersi in una polpa mucillaginosa acidula contenente glucosio e fruttosio, detti anche fave), che avviene quando questi avranno raggiunto la giusta maturazione (febbraio-marzo; aprile-luglio) e da cui una volta aperti verranno estratte le fave.

Le fave a questo punto subiranno una fermentazione naturale prima di andare in contro ad essiccazione (tranne in alcuni tipi di preparazioni: Arriba e Machala).

La fermentazione, definita “estrattiva” può essere considerata una delle tappe fondamentali e normalmente avviene su foglie di banano poggiate su contenitori di legno traforati per eliminare il liquido di fermentazione. Questa può durare da 2 a 12 giorni (in base alla qualità dello stesso, maggiore è la qualità minore sarà il tempo necessario, ad esempio la varietà Criollo impiega 1-2 giorni).

La fermentazione è a carico di microrganismi propri dell’ambiente e della matrice (fave di cacao) e i substrati fermentativi sono i carboidrati (glucosio e fruttosio) presenti nella mucillagine che avvolge le fave, in ogni caso i più rappresentativi sono stati riconosciuti nei lieviti: Saccaromyces spp. fra gli ellittici e Hanseniaspora – Kloeckera – fra gli apiculati mentre i batteri come Acetobacter e Gluconobacter in grado di produrre acido acetico si riscontrano principalmente nelle prime fasi fermentative.

Cacao Cioccolato

L’azione dei microrganismi modifica anche pH, T°, umidità, insomma l’ambiente in cui si trovano le fave di cacao è in continua evoluzione e ciò comporta l’attivazione o l’inibizione di diversi enzimi in grado allo stesso modo di produrre cambiamenti nella texture e nel flavour del prodotto finale (sviluppo dell’aroma tipico del cacao in particolare l’obbiettivo sarà quello di eliminare l’astringenza e l’amaro tipico delle fave fresche).

Trasformazione

Passiamo ora ai processi di trasformazione del cacao, comprendente le fasi preliminari (tostatura e pulitura) e la produzione vera e propria di derivati (semilavorati e prodotti finiti). La prima fase di lavorazione è la pulitura delle fave volta ad eliminare impurità quali pietre, sassi, fave immature o aggregati delle stesse. Ma la prima fase degna di nota è la tostatura, che tradizionalmente prevede il trattamento delle fave intere mediante aria calda, le bucce vengono via via staccate ed aspirate.

Le temperature non superano i 150° C anche è bene precisare come la combinazione dei diversi parametri di processo influirà sulla scelta di una o l’altra T° (varietà, umidità, maturazione e dimensioni delle fave ad esempio).

I tempi variano invece dai 20 ai 120 minuti fino a ridurre l’umidità del prodotto al 2-3% (T°/t variano anche in funzione del tipo di prodotto a cui sono destinate le fave: per la produzione di cioccolato fondente avremo parametri aumentati rispetto a quelle destinate al cioccolato al latte).

Cioccolato

La tostatura riveste una duplice funzione: 1) tecnologica, sviluppo di aroma attraverso l’ossidazione dei fenoli e reazioni di Maillard; 2) igienico-sanitaria, eliminando i microrganismi, eventuali uova e/o larve di parassiti.  A questo punto le fave subiranno un ultimo trattamento con vapore o aria calda e la frantumazione in granella di cacao, il risultato al termine di questo processo sarà una granella di cacao imbrunita, di colore scuro, con sviluppo dell’aroma e del sapore tipico pronta per le lavorazioni successive.

Il cacao tostato viene inviato a specifici mulini in cui verrà “trasformato” in liquor (o massa di cacao) fase in cui verrà favorita la rottura delle cellule e la fuoriuscita del burro di cacao fuso, quindi alle presse a caldo, dove questo viene “spremuto” e separato dalla massa. Se l’obbiettivo sarà a questo punto quello di preparare cacao in polvere, questo verrà trattato con soluzioni alcaline per migliorarne la bagnabilità (idrofilia) in soluzioni acquose e la dispersibilità.

La polvere viene poi essiccata sotto vuoto (2%) fino ad ottenere il così detto “cacao solubile”, un prodotto contenente tra il 52-58% di burro di cacao e 7-10% di massa di cacao. Al contrario se la massa di cacao liquefatta viene mantenuta come tale, “liquor” o “massa di cacao”, pressato per separare il burro di cacao e pasta di cacao parzialmente sgrassata.

Il burro di cacao liquefatto ottenuto viene separato filtrato e successivamente reintrodotto in % variabile in base al tipo di prodotto che si vorrà ottenere.

Ultimo Step Di Produzione

Passiamo all’ultimo step: la produzione di cioccolato, cioccolato da copertura e derivati. Il cioccolato sotto forma di tavolette viene prodotto a partire da liquor (massa di cacao), addizionato di saccarosio (o altri edulcoranti), burro di cacao, emulsionanti, aromi ed eventualmente altri ingredienti consentiti (latte, nocciole, mandorle, noci, estratto di caffè, aromi, ecc.).

Per classificare il cioccolato si considera il tenore minimo di cacao, mentre per cioccolato di copertura viene inteso il semi-lavorato pronto per la lavorazione da parte delle cioccolaterie industriali ed artigianali e delle pasticcerie, questo, fondente o al latte è costituito da un minimo di 31% di materia grassa e viene utilizzato per ricoprire, modellare in stampi o glassare.

Dopo alcune definizioni torniamo ai nostri processi produttivi, per ottenere un cioccolato di qualità la massa dovrà essere mescolata a lungo per poi essere “raffinata” tramite rulli fino ad ottenere un composto pastoso prima di essere trasferita alla conca per la fase appunto di concaggio. La pasta rifinita viene essiccata e polverizzata (a volta lasciata maturare a 45-50° per alcune ore) per poi passare alla fase successiva: il concaggio.

Questa viene di solito divisa in due ulteriori step, nel primo la pasta viene trasferita nelle conche per essere macinata finemente, viene aggiunto saccarosio, la durata va dalle 6 alle 12 ore e la temperatura oscilla attorno agli 80°C. Nella seconda, si aggiungono burro di cacao ed emulsionanti, liquefacendo ulteriormente la massa e favorire l’emulsionamento del grasso con saccarosio e cacao. A questo punto vi è una fase molto delicata, ovvero, il passaggio del cioccolato dalla fase liquida alla fase solida attraverso l’operazione di temperaggio.

Cioccolato

Considerata una delle fasi più critiche di tutto il processo produttivo, che comporta la cristallizzazione del burro di cacao nella forma più stabile, assicurando la massima shelf-life (vita commerciale) del prodotto nonché la sua qualità. Infatti in funzione della velocità di raffreddamento e delle T° raggiunte è possibile ottenere forme polimorfiche con caratteristiche chimico-fisiche diverse e dunque texture diversa del prodotto.

Cerchiamo di spiegare meglio questo concetto chiave, la cristallizzazione nella forma ottimale (V) non avviene semplicemente raffreddando il cioccolato, esiste infatti un “programma termico”.

La massa proveniente dal concaggio (40-50°C e lipidi non cristallizzati) viene raffreddata (18-28°C) per pochi minuti favorendo la cristallizzazione di alcune frazioni lipidiche, la massa viene poi riscaldata nuovamente a 32°C temperatura alla quale le forme cristalline meno stabili fondono, lasciando invece la maggioranza in forma V (cristallizzata).

A questo punto il cioccolato viene messo in apposite forme e raffreddato fino a solidificazione, spesso questa fase avviene su nastri vibranti per eliminare eventuali bolle d’aria inglobate. E’ importante che la temperatura iniziale degli stampi non superi quella del cioccolato fuso per non incorrere nel de-temperaggio.

Un classico programma termico per cioccolato al latte (temperaggio) è il seguente: 50°C/30m; 27°C/4m; 31°C/2 min. Il tutto per far capire quanto difficile sia ottenere un prodotto di qualità, e l’obbiettivo di questo processo è quello sostanzialmente di ottenere un prodotto con cristalli di piccole dimensioni e temperatura di “melting” (34°C) vicine a quelle della temperatura corporea. Il tipico rumore relativo alla rottura dello scacco di cioccolato è dovuto in gran parte ad una corretta operazione di temperaggio.

Packaging e Conservazione

Le fasi di packaging e conservazione non sono da sottovalutare, improvvisi sbalzi di temperatura (30°C) potrebbero facilitare la comparsa di una “fioritura” bianca all’esterno della massa (variazione dello stato di cristallizzazione e successiva separazione del grasso dal cioccolato). Al contrario conservando il cioccolato in frigorifero o comunque ad alta umidità relativa (75-80%) potrà avvenire un fenomeno simile “fioritura”, dovuto però alla solubilizzazione del saccarosio che si scioglierà per poi andare a creare cristalli in superficie.

Conclusioni

In questo articolo abbiamo affrontato in maniera non troppo specifica le fasi principali che contraddistinguono il processo produttivo di questo fantastico alimento, per poter riconoscere un buon cioccolato (colore, croccantezza, scioglevolezza, eventuali fioriture, ecc.) ed apprezzarne a pieno texture e flavour.

 

Cabras – Martelli – Chimica degli alimenti – febbraio 2004 – PICCIN – ISBN: 978-88-299-1696-2

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