Vai al contenuto principale
Allenamento

Coinvolgimento muscolare e basi di biomeccanica nel ciclismo

Coinvolgimento muscolare e basi di biomeccanica nel ciclismo
Chiara Strano
Scrittore ed esperto6 anni In
Visualizza il profilo di Chiara Strano

La ricerca scientifica e la scienza applicata allo sport negli ultimi anni ha consentito di apportare moltissimi cambiamenti e miglioramenti nei metodi e nelle modalità in cui gli stessi vengono praticati. Fino a circa 30 anni fa in Europa non esistevano neppure le mountain bike, col passare dei decenni e l’evolversi delle tecnologie, di studi più approfonditi anche sui materiali, sugli assetti corretti e componentistici ma non solo, ci si è domandati se era possibile migliorare tutti quei fattori tecnici, tra cui quelli posturali, che renderebbero ottimale (rimanendo nell’ambito ciclismo) efficace e soprattutto “salutare” la pedalata.

Nel ciclismo come in ogni altra disciplina sportiva o sforzo atletico, è imprescindibile per l’atleta una struttura corporea dotata di basi forti ed allenata. Questa è la chiave per raggiungere performance di massimo livello e al tempo stesso evitare infortuni. Spesso viene però a mancare la consapevolezza di quali siano nel complesso i distretti muscolari su cui incentrare il focus allenante nelle diverse fasi della stagione. In questo articolo andremo ad analizzare i muscoli attivati, e su cui sarà importante focalizzare l’attenzione, nel ciclismo. Molti ciclisti cadono difatti nella “trappola” di pensare che lo sforzo legato a questa attività sia incentrato totalmente/unicamente sui muscoli della parte inferiore del corpo, sottovalutando il ruolo delle braccia, dell’addome e della schiena, in breve della parte superiore del corpo. Tutte le parti del corpo devono infatti lavorare insieme, ad esempio, soltanto per rendere stabile la bicicletta e concentrare la massima potenza sui pedali.

Affrontiamo una panoramica sui muscoli attivati durante una sessione di allenamento in bici per poi andare ad analizzare più nello specifico la biomeccanica della pedalata e le relative implicazioni muscolari. Le braccia rappresentano due dei cinque punti di contatto con la bici e contribuiscono in primis alla manovra della stessa ma anche ad azione “stabilizzante” sul resto del corpo durante la pedalata. Basti pensare alle fasi di “fuori sella” (in salita o in uno sprint ad esempio) qui le braccia giocheranno un ruolo chiave (notare tensione e flessione delle braccia in alcune foto di atleti in arrivi in volata). Al tempo stesso le spalle, muscoli deltoidi e cuffia del rotatore verranno sottoposte ad uno sforzo continuo durante l’attività, essendo esse il primo collegamento tra braccia e tronco e dovendo sostenere il peso del distretto superiore del corpo rispetto alla forza di gravità, in qualsiasi posizione (in piedi, seduti o in uno sprint).  Muscoli del collo, parallelamente alle spalle verranno continuamente attivati (splenio ed estensori). Passiamo alla schiena e al torace, sottolineando come la schiena del ciclista venga sottoposta ad una continua situazione ipertrofica a causa della sollecitazione data dalla posizione e come parallelamente i muscoli del torace (intercostali, pettorali…) vengano invece coinvolti principalmente durante sforzi estremi come salite lunghe o impegnative o sprint. Infine prima di passare alle gambe, è bene sottolineare come anche l’addome ricopra un’importanza primaria nell’attività ciclistica. Oltre a determinare una buona parte della stabilità al resto del corpo risultano importantissimi per contrastare la forte muscolatura della schiena (normalmente ben sviluppata nei ciclisti). Uno sbilanciamento schiena-addome potrebbe essere alla base di una destabilizzazione dello scheletro (sbilanciamento della colonna vertebrale) portando potenzialmente a dolori localizzati nella zona lombare, condizioni che spesso diventano debilitanti per l’atleta. Chiudiamo questa introduzione generale considerando, naturalmente le gambe e le anche come la fondamentale forza motrice del ciclista. Non a caso i ciclisti professionisti trattano le proprie gambe come fossero gioielli.

Coinvolgimento muscolare e basi di biomeccanica nel ciclismo

 

Per comprendere in maniera più specifica e approfondita l’attivazione muscolare relative alle gambe del ciclista analizzeremo nel dettaglio la biomeccanica della pedalata. Prendendo ad esempio in considerazione ciclisti professionisti portati a curare ogni minimo dettaglio, la cura dell'analisi della pedalata è un particolare che può fare una gran differenza, che porta l'atleta a primeggiare su un avversario che potrebbe essere fisicamente più forte, ma che non riesce ad esprimere al meglio la sua forza sui pedali. La pedalata è la risultante della somma delle forze applicate da ogni singola gamba che, posta a 180 gradi dall'altra, compie un'intera rivoluzione di 360 gradi. Il ciclismo adotta una catena cinetica chiusa, infatti al completamento di ogni rivoluzione il piede si trova nella stessa posizione di partenza. La pedalata può essere analizzata suddividendola in 4 fasi. Fase di spinta (estensione) in cui viene applicato quasi il 65% delle forze totali espresse durante l’intero movimento, la seconda viene definita di transizione, passaggio dalla spinta alla trazione in cui la gamba completa l’estensione senza raggiungere però la massima apertura del ginocchio (12% della forza totale). Fase 3, trazione, l’arto tirerà in questa fase verso l’alto, infine nella fase 4 si ripasserà dalla fase di trazione a quella di spinta. Per pedalare in modo corretto ed esprimere la corretta potenza sui pedali esistono dei parametri di posizione che ogni ciclista dovrebbe rispettare. Questi parametri riguardano la lunghezza delle pedivelle, il posizionamento delle “tacchette” rispetto al pedale, l'altezza e l'arretramento della sella, e l'allungamento sulla bici. Questi parametri sono strettamente individuali, resi unici dalle caratteristiche fisiche ed antropometriche ma anche dalle caratteristiche muscolari e dalla mobilità articolare. Ad esempio la lunghezza delle pedivelle dovrà essere rapportata alla lunghezza del femore (osso che lavora spesso parallelamente alle stesse), e permetterà da un lato di esprimere al meglio la forza prodotta dal corpo sulla bici, dall’altro di evitare patologie o infortuni a carico del quadricipite femorale o rotula. Il posizionamento delle “tacchette” sarà invece fondamentale per evitare pedalate troppo in pianta o punta con conseguenti possibili infiammazioni a livello tendineo, il punto del piede dove si riesce a scaricare meglio la forza prodotta con la pedalata si trova al centro della prima testa metatarsale, il perno del pedale dovrà avvicinarsi a questo pento il più possibile. Un parametro per ottenere una spinta quanto più efficace durante la pedalata è il giusto assetto dell’altezza e dell’arretramento della sella, durante questa fase (spinta verso il basso) l’angolo di spinta ottimale dovrebbe essere compreso tra i 25 e i 30°. Solitamente viene presa in considerazione l’altezza del cavallo per determinare l’altezza sella dell’individuo, mentre, l’arretramento della sella viene “settato” considerando, posto il pedale a 90°, quando il perno del pedale si troverà allo stesso avanzamento verticale della rotula (filo a piombo rotula-perno del pedale). Le variabili, soprattutto nei ciclisti professionisti in questo caso sono molte, nella maggior parte dei casi in base alla disciplina-specializzazione degli stessi, i pistard solitamente utilizzano una posizione più avanzata (spinta maggiore sui pedali), maggior arretramento invece per gli scalatori (pedalata più fluida con meno picchi massimi e minimi di forza durante la pedalata). Infine l’ultimo parametro è l’allungamento sulla bici, questo è però soggetto ad un’ampia variabilità legata all’individuo ed in linea generale dovrà essere un compromesso tra il ridurre il più possibile la resistenza dell’aria (allungamento ottimale) e favorire allo stesso tempo le migliori condizioni per spingere sui pedali.

Analizziamo ora nello specifico i muscoli coinvolti nella pedalata, costituita come detto dalla successione di flesso-estensioni che coinvolgono le articolazioni di anca, ginocchio e caviglia senza dimenticare il distretto superiore del corpo. Partiamo dal movimento dell’articolazione dell’anca, la coscia resta in flessione durante tutta la pedalata senza raggiungere mai l’estensione completa, quest’ultima, che come detto rappresenta la fase in cui verrà sprigionata più forza (motore della pedalata) viene sorretta dal muscolo grande gluteo aiutato dai muscoli medio e piccolo gluteo e gli stessi muscoli estensori sono flessori se la coscia è estesa. Altri muscoli estensori dell’anca sono gli ischio-crurali (bicipite femorale, semimembranoso e semitendinoso) messi in tensione dell’estensione del ginocchio. Per quanto riguarda la flessione dell’anca interviene invece l’ileo-psoas. L’articolazione maggiormente sottoposta a carichi di lavoro è però il ginocchio, i movimenti in questo caso sono di larga ampiezza con quadricipite femorale con tutte le sue componenti coinvolto nella fase di spinta e sartorio e retto interno, muscoli ischio crurali bi-articolari e mono-articolari (popliteo, capo breve bicipite femorale) coinvolti invece nella flessione. Infine la caviglia attraverso il coinvolgimento (estensione del piede) del tricipite della sura (polpaccio) permetteranno di flettere la gamba in sinergia con il bicipite femorale. Il polpaccio rappresenta uno dei muscoli più a lungo sollecitati durante la pedalata e per tanto è uno dei primi ad accusare fatica, accumulare acido lattico ed eventualmente andare in contro a crampi muscolari.

A tal proposito è curioso notare, considerando ciclisti agonisti e non, come l’85% degli infortuni degli stessi sia legato a problemi di natura non traumatica ma da stress (repetitive strain injuries RSI’s) con con una prevalenza di dolori alle ginocchia stimate () al 42-65% nei ciclisti amatoriali. La maggior parte di questi problemi sono il risultato di assetti sbagliati o alterazioni biomeccaniche causate dalla fatica (scomposizione e perdita della postura corretta in bici o del movimento legato alla pedalata). Difatti diversi studi hanno dimostrato come all’aumentare della stanchezza il ciclista tenderà sempre più a cambiare la posizione e di conseguenza l’attivazione muscolare per mantenere la performance. Uno studio del 2008 (Dingwell et al.) riporta dopo aver valutato 10 ciclisti professionisti in un ciclo ergometro al 100% del loro VO2 max riporta come al passare del tempo la curva, i movimenti del tronco e soprattutto l’angolo di azione delle ginocchia subisse delle nette variazioni (Dettori and Norvell, 2006). Tutto ciò per sottolineare come sia importante in primis partire con il giusto assetto per poter sfruttare al meglio le proprie potenzialità ma poi rimanere concentrati anche nei momenti di massimo sforzo poiché scomporsi significherebbe da un lato ridurre l’efficienza dell’azione e in secondo luogo gettare le basi per possibili infortuni da stress.

Per concludere, il ciclismo è senza dubbio una delle attività cardio più salutari che ci siano, è bene però sia nel caso dell’atleta coinvolto in questa attività come sport principale sia nel caso in cui vada a costituire un attività complementare assumere la consapevolezza di quali siano i muscoli coinvolti, fare un’analisi “biomeccanica” di quella che potrebbe essere la postura e l’assetto migliore, per poter esprimere le proprie potenzialità con la massima efficienza, in maniera sana e senza incorrere in infortuni. Va da se che tali considerazioni diventeranno imprescindibili per l’atleta agonista che si allena quotidianamente e che dovrà ottenere il massimo attraverso la cura di ogni dettaglio.

Leonardo Cesanelli [Dottore in scienze e tecnologie alimentari; Laurea magistrale in Biological Sciences (Nutrition and Functional Food); Istruttore e Personal Trainer certificato CSEN]

Jonathan B. Dingwell1, Jason E. Joubert1, Fernando Diefenthaeler2, and Joel D. Trinity1 – Changes in Muscle Activity and Kinematics of Highly Trained Cyclists During Fatigue – IEEE Trans Biomed Eng. 2008 November ; 55(11): 2666–2674. doi:10.1109/TBME.2008.2001130.

A. C. Coelho,1,2* D. T. Cannon,1* R. Cao,1 J. Porszasz,1 R. Casaburi,1 M. M. Knorst,2 and H. B. Rossiter1,3 -Instantaneous quantification of skeletal muscle activation, power production, and fatigue during cycle ergometry. – First published December 24, 2014; doi:10.1152/japplphysiol.00948.2014.

Asplund C, St Pierre P. Knee Pain and Bicycling. The Physician and Sports Medicine 2004;32

Dannenberg AL, Needle S, Mullady D, Kolodner KB. Predictors of injury among 1638 riders in a recreational long-distance bicycle tour: Cycle Across Maryland. Am J Sports Med 1996;24:747–753. [PubMed: 8947395]

Wilber CA, Holland GJ, Madison RE, Loy SF. An epidemiological analysis of overuse injuries among recreational cyclists. International Journal of Sports Medicine 1995;16:201–206. [PubMed: 7649713]

Dettori NJ, Norvell DC. Non-traumatic bicycle injuries: a review of the literature. Sports Medicine 2006;36:7–18. [PubMed: 16445308]

Chiara Strano
Scrittore ed esperto
Visualizza il profilo di Chiara Strano
myprotein