Vai al contenuto principale
Alimentazione

Colesterolo Alimentazione | Tutto Quello Che Bisogna Sapere

Myprotein
Scrittore ed esperto7 anni In
Visualizza il profilo di Myprotein

Dallo scrittore Myprotein Leonardo Cesanelli, laureato in Scienze e Tecnologie Alimentari, laureando in Nutrition and Functional Food.

Colesterolo Alimentazione

Partiamo cercando di identificare brevemente questa molecola, il colesterolo. Appartiene alla classe degli steroli e ricopre senza dubbio, un ruolo molto importante nella fisiologia dell’uomo.

E’ indispensabile per la vita animale mentre nel mondo vegetale è praticamente assente (qui troviamo però fitosteroli e fitosterine, strutturalmente simili).

L’essere umano è in grado di biosintetizzare la maggior parte del colesterolo necessario (1-2g al giorno/adulto), mentre una minima parte dovrà essere introdotta con l’alimentazione (0,1-0,5 g) e nell’uomo il contenuto di questa molecola è pari a circa 150 g.

Citiamo le principali funzioni di questa molecola: costituisce una componente strutturale delle membrane cellulari delle cellule animali in grado di diminuire la fluidità ed aumentare la stabilità meccanica della stessa, qui è anche coinvolto nella mediazione di messaggi regolatori e funzioni di trasporto; è la sostanza base per la sintesi degli ormoni steroidei (aldosterone, cortisone, testosterone, ecc…); è inoltre importante per la produzione della bile a livello epatico, fondamentale per emulsionare ed assorbire i lipidi alimentari a livello del duodeno e intestino tenue.

Influenzare il Colesterolo

Sono diversi gli alimenti che contengono, in quantità diversa, il colesterolo, in realtà però, in ogni caso soltanto circa il 50% ne viene assorbito a livello intestinale. Ad esempio l’abbinamento con alimenti di origine vegetale che contengono fibre può ridurne ancor più l’assorbimento.

E’ inoltre importante dire che il colesterolo non è un nutriente essenziale, in quanto nell’organismo può essere sintetizzato dall’acetil-coA, al contrario il colesterolo non può essere trasformato in acetil-CoA e l’eliminazione diventa dunque prevalentemente per via fecale (colesterolo libero o Sali e acidi biliari.

Le concentrazioni sieriche del colesterolo risultano essere invece fortemente influenzate dalla composizione dei grassi alimentari, difatti sono proprio gli acidi grassi saturi i maggiori responsabili della colesterolemia.

Sono diversi gli studi che dimostrano come i livelli di (LDL) lipoproteine a bassa densità aumentino in risposta all’incrementato introito di acidi grassi saturi e secondariamente di colesterolo alimentare (viene stimato che l’aumento dell’1% dell’apporto calorico derivante dagli acidi grassi saturi produca un incremento del 2% dei livelli di LDL).

Per quanto riguarda il colesterolo alimentare la risposta colesterolemica in media viene stimata a 10mg/dl per 100mg di colesterolo alimentare per 1000 kcal.

Sono infatti diversi ormai gli studi che dimostrano come non vi sia una correlazione così diretta e marcata tra consumo di colesterolo alimentare e livelli di colesterolo totale ed LDL ematico.((DE) M. Kohlmeier et al., Verbreitung von klinisch-chemischen Risikofaktoren, Niederkleen, VERA-Schriftenreihe Band VII, 1993.).

Allo stesso modo è importante sottolineare come non tutti gli alimenti contenenti grassi siano associati ad aumento di colesterolemia, in particolare alto contenuto di acido miristico sembra essere associato ad aumento di LDL, mentre gli acidi grassi trans-saturi (derivanti dall’idrogenazione ad esempio) inibiscono l’assorbimento di omega 3 e quindi implicati in maniera indiretta nella colesterolemia e nello sviluppo di cardiopatie. (A. Robertson et al., Food and health in Europe: a new basis for action, WHO Regional Publications - European Series N° 96, WHO, 2004, pp. 25-27, ISBN 92-890-1363-X.)

soybeans-182295_960_720

Diversi studi più o meno recenti in nutrigenetica stanno riportando sempre più evidenze sulla correlazione tra polimorfismo genetico e predisposizione alle dislipidemie, in particolare individuando locus specifici nel DNA in grado di codificare per proteine specifiche coinvolte nel metabolismo lipidico (lipoproteine, apolipoproteine, enzimi e recettori), e soggetti a mutazioni e variazioni individuo-dipendenti.

Gli ultimi studi hanno evidenziato ben 19 regioni genomiche contenenti comuni polimorfismi di singoli nucleotidi DNA coinvolti con LDL colesterolo, HDL colesterolo e/o trigliceridi. Pertanto variazioni comuni in questi loci genetici possono senz’altro contribuire in maniera diversa alle concentrazioni lipidiche nell’uomo e alle risposte agli eventuali interventi dietetici.

Ad esempio alcuni studi hanno dimostrato come la risposta ad una dieta ipolipidica nella riduzione di LDL risulta essere maggiore in soggetti con genotipo ApoE4 (la proteina Apo E ha un ruolo fondamentale nel metabolismo lipo-proteico), rispetto alle altre isoforme E2 ed E3, dimostrando dunque come la correlazione tra dieta e risposta lipidemica possa essere soggetto dipendente.

In ogni caso la miglior strategia per prevenire le patologie cardiovascolari relative a dislipidemie è senz’altro il miglioramento dello stile di vita, ovvero corretta alimentazione associata ad attività fisica quotidiana, raggiungimento del peso corporeo ideale e limitare l’esposizione e l’utilizzo di fumo ed alcolici. Approfondiamo ora l’aspetto legato alla dieta e all’esercizio fisico.

#1 Attività fisica

Partiamo dall’esercizio fisico, le raccomandazioni dietetiche non possono ormai prescindere, dall’essere associate a tutti gli altri fattori che rientrano nel concetto di stile di vita sano in cui senza dubbio l’attività fisica gioca un ruolo di primaria importanza.

E’ ormai dimostrato come la costante attività fisica sia un elemento essenziale nel prevenire i fattori di rischio cardiovascolare come ipertensione, dislipidemia e problemi legati alla glicemia e di pari passo al rischio di sviluppo di patologie quali diabete, osteoporosi, obesità, ecc…

Per quanto riguarda il colesterolo, diversi studi dimostrano come questa sia in grado di incrementare l’HDL e diminuire il livello di trigliceridi, sia nel breve che nel lungo periodo.

Ad esempio, alcuni studi hanno dimostrato come l’HDL possa aumentare da un 4 ad un 43% in seguito ad esercizio fisico moderato e come atleti di sport di resistenza mostrassero livelli di HDL superiori del 40-50% e trigliceridi inferiori del 20% rispetto ad individui sedentari.

Il tipo di esercizio fisico non sembra influenzare questi parametri, al contrario la frequenza e l’intesità sì.

In particolare sarà importante aumentare via via la frequenza settimanale di allenamento arrivando ad allenarsi 5 o più giorni settimanali (40-60 minuti di esercizio fisico) e lavorando attorno al 40-50% rispetto al proprio HRR.

#2 Alimentazione

Passiamo ora all’assetto dietetico. Partiamo evidenziando le evidenze relative i fattori implicati nella riduzione del colesterolo LDL.

Diverse meta-analisi hanno dimostrato in primis come consumo in eccesso di colesterolo alimentare aumentasse l’LDL e il rapporto colesterolo totale/HDL; al contrario riducendo l’apporto di acidi grassi saturi dal 15% al 6% delle calorie totali l’LDL si riduceva dell’11%, così come si riduceva l’incidenza di cardiopatia ischemica.

Infine l’attuazione di una dieta ipocalorica con relativo calo ponderale dei soggetti in questione (sovrappeso) dimostrò riduzioni di LDL indipendentemente dalla composizione della dieta, anche se risultati migliori si verificarono nei casi in cui l’apporto di colesterolo ed acidi grassi saturi era inferiore.

Riassumendo gli approcci nutrizionali saranno dunque: diete ipoglucidiche; ipolipidiche e/o dieta mediterranea.

Molti studi hanno cercato di mettere a confronto tramite meta-analisi le diete appena citate cercando di valutare le più efficaci.

Ad esempio confrontando la “strategia” ipoglucidica con quella ipolipidica, le prime si dimostrarono più efficaci nell’indurre il calo ponderale nei primi sei mesi ma a distanza di 12 mesi i risultati erano simili, sempre nella prima strategia (ipoglucidica), i valori di colesterolo totale ed LDL risultavano essere maggiori sia dopo 6 mesi che dopo 12 mesi rispetto a quelle ipolipidiche vi era una riduzione maggiore in questi parametri.

Questa meta-analisi che prese in considerazione 5 “trials” portò alla conclusione che diete ipoglucidiche inducono, al pari di quelle ipolipidiche una perdita di peso (in regime ipocalorico naturalmente) ma producono effetti soprattutto sulla riduzione di trigliceridi e aumento di HDL piuttosto che, diversamente da quanto succede nelle ipolipidiche, abbassamenti consistenti di LDL e colesterolo totale.

Nel 2008 un altro studio (trial) della durata di due anni ha messo in paragone 3 gruppi di pazienti in sovrappeso, e sottoposti a tre diversi tipi di dieta: ipolipidica, mediterranea ed ipoglucidica; con stesso apporto energetico.

Per quanto riguarda il calo ponderale, la dieta ipolipidica produsse in media un calo di 3,3 kg, la mediterranea 4,6 kg e di 5,5 kg con la ipoglicemica (dopo 24 mesi).

Per quanto riguarda la lipidemia, l’HDL incrementò in tutti i gruppi, in particolare in quella ipoglucidica; i trigliceridi diminuirono ed anche in questo caso soprattutto nella ipoglucidica seguita dalla mediterranea, mentre l’LDL scese soprattutto nei soggetti che seguivano la mediterranea.

I risultati di questo studio e delle meta-analisi disponibili in letteratura suggeriscono la mediterranea il miglior compromesso tra equilibrio nutrizionale e riduzione del rischio cardiovascolare, poiché, tutte le strategie appena descritte producono con variabili spesso individuo dipendente risultati pressoché simili.

wine-541922_960_720

La dieta mediterranea contiene alla base molti alimenti che si sono dimostrati in grado di abbassare i livelli di LDL, colesterolo totale e trigliceridi, in grado dunque di migliorare il profilo lipidico del consumatore, andiamo ad elencare alcuni dei più importanti.

Partiamo col dire che il Seven Country Study del 1970 proponeva già la correlazione tra dieta Mediterranea e ridotta mortalità cardiovascolare nonostante l’elevato apporto lipidico delle popolazioni del bacino mediterraneo.

E’ qui che però, riallacciandoci a quanto detto all’inizio dell’articolo che dobbiamo rimarcare la differenza nella qualità della fonte lipidica che mettiamo nel piatto, difatti, la principale fonte di grasso della dieta mediterranea risulta essere l’olio di oliva, un cibo che può essere considerato funzionale per il suo contenuto in (MUFA), acidi grassi monoinsaturi, e diverse componenti minori ad attività biologica come fenoli e vitamina E due dei componenti a maggior azione antiossidante.

Proprio il contenuto in MUFA, in particolare acido oleico in forma cis dona all’olio d’oliva la capacità di indurre diminuzioni di LDL senza incrementare trigliceridi, quando assunto al posto degli acidi grassi saturi. Lo studio EUROLIVE ha dimostrato come assunzione di 25 ml di olio di oliva a differente contenuto di fenoli aumentasse in ogni caso l’HDL diminuendo trigliceridi e migliorando il rapporto colesterolo totale/HDL.

Il contenuto in antiossidanti ricopre inoltre un’importanza notevole nel proteggere l’LDL dall’ossidazione, una delle principali cause delle lesioni aterosclerotiche con incremento del rischio cardiovascolare.

La seconda fonte lipidica della dieta mediterranea risulta essere la frutta secca ed i semi oleosi, ricchi in questo caso di (PUFA) acidi grassi poliinsaturi, anche questi in grado di aumentare l’HDL.

Dunque soltanto un incremento nel consumo di acidi grassi saturi e acidi grassi saturi trans producono aumenti considerevoli nell’LDL, contrariamente un aumento nell’apporto di MUFA e PUFA producono aumenti dell’HDL e miglioramenti nel rapporto colesterolo totale/HDL.

Infine sempre parlando di grassi, ultimamente sono diverse le evidenze che testimoniano come anche alimenti di origine animale se consumati con la frequenza prevista dalla dieta mediterranea e se di ottima qualità (allevamento al pascolo, o per lo meno con mangimi di ottima qualità) possono contenere alcuni lipidi funzionali come i CLA o essere ricchi degli stessi acidi grassi omega-3 (PUFA) e/o MUFA contenuti in frutta secca ed olio di oliva, ovviamente in quantità molto ridotte.

Alimenti Da Scegliere

Prima di concludere, facciamo un’ultima “carrellata” degli alimenti principali della dieta mediterranea correlati a ridotta incidenza di malattie cardiovascolari, citeremo legumi (in particolare la soia), fibra solubile, vino rosso e cioccolato.

? Legumi

Anche i legumi sono uno degli alimenti base della dieta mediterranea, in particolare visto che stiamo concentrando la nostra attenzione sugli alimenti ipocolesterolemizzanti ci occuperemo della soia, tenendo comunque presente che questa ha senz’altro innumerevoli pregi ma altrettanti effetti benefici e che non risulta essere senz’altro il legume più tradizionalmente coltivato nel bacino del mediterraneo.

Tornando al discorso ipocolesterolemizzante, la soia è il legume a più alto contenuto proteico (36-40%) e con profilo amminoacidico completo ad eccezione della metionina, proprio le proteine della soia sembrano avere effetto ipocolesterolemizzante come riportò ad esempio già Anderson (1995) in una meta-analisi su 38 studi dimostrando come queste fossero in grado di risuddre colesterolo totale, LDL e di aumentare quelli di HDL.

I meccanismi attraverso il quale la soia determina i suoi effetti nella riduzione di colesterolo e del rischio cardiovascolare non sembrano ancora ad oggi del tutto chiari, poiché oltre al contenuto proteico essa contiene un buon numero di acidi grassi poliinstauri, fibre saponine, vitamine e soprattutto isoflavoni, che potrebbero ognuno in qualche modo contribuire a tale effetto.

In particolare, proprio gli isoflavoni (genistina, daidizina e glicitina) potrebbero agire come modulatori selettivi dei recettori degli estrogeni modificando il metabolismo lipidico, andando ad agire sull’attività delle lipasi epatiche e/o direttamente sul tessuto adiposo.

channa-166896_960_720

? Frutta, verdura e cereali integrali

Un altro pilastro della dieta mediterranea è il consumo di frutta, ortaggi e verdura e cereali integrali.

Tutti questi alimenti apportano fibre solubili che insolubili all’individuo. E’ ormai comprovato come l’aggiunta di fibra solubile alla dieta possa contribuire alla riduzione del colesterolo.

Attraverso la formazione di un “gel” a livello intestinale è in grado di rallentare il tempo di svuotamento gastrico e riduce l’assorbimento del colesterolo e degli acidi biliari (con successiva deviazione del colesterolo epatico per la produzione di acidi biliari).

Per quanto riguarda le fibre insolubili, esse non sembrano essere direttamente implicate nel metabolismo lipoproteico ma la loro azione può essere considerata indiretta, aumentando il senso di sazietà e riducendo l’effetto ipertrigliceridimizzante dei carboidrati.

L’assunzione raccomandata di fibre in un individuo adulto è di 30-35 g al giorno, ottime fonti di fibre solubili sono le pectine contenute nella frutta, il betaglucano contenuto ad esempio nell’orzo la verdura e i legumi in genere.

? Vino rosso e cioccolata

Gli ultimi alimenti che citeremo brevemente sono il vino rosso e la cioccolata. Partiamo col dire che l’alcool in ogni caso è responsabile di innumerevoli effetti dannosi per la salute come ipertensione, obesità e molti altri.

Tuttavia, il consumo “una tantum” di vino rosso può essere un buon compromesso tra piacere e salute, uno dei suoi composti principali appartenenti alla classe dei flavonoidi, il resveratrolo (derivante dalla buccia dell’uva). Questo composto sembra in grado di proteggere dalle ossidazioni l’LDL e di migliorare la funzione endoteliale diminuendo l’aggregazione piastrinica.

Detto questo, è bene precisare che il resveratrolo è presente anche nel succo di uva rossa così come in quello dei così detti “berries” (mirtilli, more, lamponi, ecc…) che apporteranno molti altri benefici oltre a questo composto senza “costringere” (in modo ironico naturalmente) il consumatore ad assumere alcool.

Anche per il cioccolato vale lo stesso discorso, ovvero, sono molti i composti antiossidanti presenti in questo alimento dotati di azioni benefiche sia nel migliorare il profilo lipidico che le funzioni endoteliali.

Il patto in questo caso è che questo sia puro, almeno al 75% e dunque non addizionato di zuccheri.

1) National Cholesterol Education Program (NCEP) Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults (Adult Treatment Panel III). Third Report of the National Cholesterol Education Program (NCEP) Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults (Adult Treatment Panel III) final report. Circulation. 2002; 106: 3143-3421.

2) Sandhu MS et al. LDL-cholesterol concentrations: a genome-wide association study. Lancet. 2008; 371 (9611): 483-491.

3) Sarkkinen E et al. Effect of apolipoprotein E polymorphism on serum lipid response to the separate modification of dietary fat and dietary cholesterol. Am J Clin Nutr 1998; 68: 1215-1222.

4) Mac Knight JM. Exercise consideration in hypertension, obesity and dyslipidemia. Clin Sports Med 2003; 20: 101-121.

5) Weggemans RM et al. Dietary cholesterol from eggs increases the ratio of total cholesterol to high-density lipoprotein cholesterol in humans: a meta-analysis. Am J Clin Nutr 2001; 73: 885-91.

6) Kohlmeier et al., Verbreitung von klinisch-chemischen Risikofaktoren, Niederkleen, VERA-Schriftenreihe Band VII, 1993.

7) Robertson et al., Food and health in Europe: a new basis for action, WHO Regional Publications - European Series N° 96, WHO, 2004, pp. 25-27, ISBN 92-890-1363-X.

8) Ginsberg HN et al. Effects of reducing dietary saturated fatty acids on plasma lipids and lipoproteins in healthy subjects: the Delta Study, Protocol 1. Arterioscler Thromb Vasc Biol 1998; 18: 441-9.

9) Gordon DJ. Cholesterol and mortality: what can meta-analysis tell us? In: Gallo LL, ed. Cardiovascular disease 2: cellular and molecular mechanisms, prevention, and treatment. New York: Plenum Press, 1995: 333-40.

10) Dansinger ML, et al. Comparison of the Atkins, Ornish, Weight Watchers, and Zone diets for weight loss and heart disease risk reduction: a randomized trial. JAMA 2005; 293: 43-53.

11) National Institutes of Health. Clinical guidelines on the identification, evaluation, and treatment of overweight and obesity in adults – the evidence report. Obesity Res 1998; 6 (suppl 2): 51S-209S.

12) Iris Shai et al. Weight Loss with a Low-Carbohydrate, Mediterranean, or Low-Fat Diet. N Engl J Med 2008; 359: 229-41. 13) Hu F et al. Dietary fat intake and the risk of coronary heart disease in women. N Engl J Med 1997; 337: 1491-1499.

My Rice Myprotein

Myprotein
Scrittore ed esperto
Visualizza il profilo di Myprotein
myprotein