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Alimentazione

Il Pesce Fa Bene? | Tutti I Benefici Di Mangiare Pesce

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Scrittore ed esperto7 anni In
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Dallo scrittore Myprotein Leonardo Cesanelli, Dottore in scienze e tecnologie alimentari, Laureando in Biological Sciences e istruttore certificato CSEN.

Il Pesce Fa Bene?

Abbiamo deciso di analizzare attraverso questo articolo, fornendo informazioni semplici, sintetiche ma anche sufficientemente chiare e precise, i possibili benefici derivanti da una dieta ricca di pesce, con un piccolo focus sul pesce azzurro e successivamente, come scegliere e riconoscere prodotti freschi e di qualità.

Per la nostra alimentazione il pesce rappresenta una fonte di nutrienti/nutrimento molto importante, ma spesso e volentieri il consumatore medio presenta una conoscenza insufficiente e una scarsa informazione sul prodotto: proprietà dello stesso, metodo e luogo di pesca o allevamento, tempi e modalità di conservazione, tracciabilità, riconoscimento della specie, della qualità e della freschezza.

La Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) consiglia in un contesto di dieta varia ed equilibrata un consumo settimanale di almeno 2-3 porzioni di pesce.

Per capire il perché sia così importante introdurre il pesce con almeno questa frequenza e come farlo in maniera opportuna, toccheremo i diversi aspetti legati a questo “gruppo alimentare” partendo da alcuni dati statistici.

L’UE rappresenta la terza produttrice mondiali di pesce subito dopo Cina e Perù, con l’Italia che rappresenta uno dei paesi più importanti per quanto riguarda importazione di prodotti ittici.

Il pesce fresco e decongelato copre oltre la metà degli acquisti di prodotti ittici seguito da conserve e surgelati. Passiamo ai valori nutritivi, dove dovremmo fare una prima distinzione tra prodotti di acquacoltura che seguiranno una dieta ben precisa e, per cui sarà più facile stimare una media e prodotti “selvaggi” la cui qualità nutrizionale sarà influenzata dall’habitat e da naturali cicli vitali.

Una stessa specie, commercializzata in diversi periodi dell’anno sarà soggetta a notevoli variazioni nella composizione nutrizionale ma anche nei caratteri reologici e organolettici.

Ad esempio pesci a carne bianca pescati in un periodo sfavorevole presenteranno carne priva di consistenza, gelatinosa e insapore. Sardine, Spratti, Sgombri ad esempio “modificano la qualità” diminuendo la percentuale lipidica, i cui valori possono shiftare da un 1% a un 25% tra la fase di digiuno dopo la riproduzione e il culmine della fase di alimentazione.

Oltre alla ovvia variazione in termini calori e di rapporto in macronutrienti, è bene precisare come il peso del pesce rimarrà invariato, ovvero diminuendo il contenuto lipidico aumenterà quello in acqua con la conseguenza che il prodotto inteso come alimento avrà, come detto, una consistenza non ottimale.

Macro e Micronutrienti

Diamo un continuum al nostro discorso prima di passare agli effetti benefici del consumo di pesce, analizzando in maniera semplice le caratteristiche del muscolo.

Partiamo col dire che il muscolo nei pesci può essere distinto in muscolo chiaro e muscolo scuro. La percentuale e la disposizione varia da specie in specie, con un predominio di muscolo bianco.

Questo è costituito prevalentemente da acqua (80%) che nelle specie medio-grasse e grasse si andrà via via riducendo all’aumentare della % lipidica.

1. Proteine

Le proteine sono in media comprese tra il 15% e il 20% del peso, le proteine che costituiscono il muscolo nei pesci sono particolarmente ricche di Lisina e Metionina. Inoltre, a causa del basso contenuto di collagene, le proteine del pesce sono facilmente digeribili (il coefficiente di digeribilità è vicino a 100).

2. Lipidi

Se invece andiamo a considerare i lipidi, il grado di insaturazione degli oli per l’appunto che si ricavano dal pesce è elevato e pertanto vulnerabili ai processi ossidativi (colorazione blu-brunastra e tipico odore di rancido) e può rappresentare un problema nelle specie ittiche più grasse (salmone, sgombro, tonno).

È proprio questo elevato grado di insaturazione che inoltre determina la stragrande maggioranza degli effetti positivi legati al consumo di pesce, di fatto ricchi di omega-3 (in particolare: sgombri, spratti, sardine, aringhe, acciughe), EPA e DHA sono contenuti in maniera considerevole soltanto nel pesce, i cui studi a riguardo hanno ampiamente dimostrato effetti antiinfiammatori esplicabili in una miriade di effetti benefici per l’individuo (malattie neurodegenerative, patologie cardiovascolari e immunitarie, miglioramento profilo lipidico ematico (Harris, 2009)).

Mettendo insieme queste ultime due affermazioni è di facile intuizione il fatto che per trarre tutti i benefici derivanti dal consumo di pesce è imprescindibile il fatto che questo sia stato pescato al momento giusto, e soprattutto sia stato ben conservato.

3. Minerali

Tra i minerali contenuti nel pesce è bene ricordare l’importanza dello iodio, del magnesio, del selenio e del fosforo.

4. Vitamine

Per finire, le vitamine risultano essere rappresentate in maniera variabile e sempre in base al contenuto lipidico (vitamine liposolubili) vitamine A e D (di cui è ricca l’anguilla ad esempio) ma in genere il pesce, seppur in quantità modeste è in grado di apportare un pool abbastanza completo di vitamine, eccezion fatta per la vitamina C.

Benefici Del Pesce

I benefici legati al consumo di pesce sono ancora riduzione dell’insorgenza di patologie allergiche (Nwaru, 2006), miglioramento del tono dell’umore (Hibbeln, 1998) e controllo del peso (Ramel 2009 a, Ramel 2009 b).

Spendiamo ora due parole sul pesce azzurro, termine con il quale vengono classificati, non in modo scientifico i pesci caratterizzati da una colorazione blu scuro del dorso e argentea del ventre (alice, aguglia, cicirello, sardina, sgombro, ecc…) generalmente di piccole/medie dimensioni.

Sono sicuramente tra i più ricchi di acidi grassi essenziali, in particolare omega-3 EPA e DHA, ricchi di proteine ad alto valore biologico (17-20%) e di minerali tra cui calcio, fluoro, ferro e fosforo oltre ad essere ricchi di vitamine del gruppo B.

Come Riconoscere Se E' Fresco?

Come possiamo riconoscere la freschezza del pesce? Naturalmente le analisi chimiche e batteriologiche di laboratorio sono quelle che forniranno dati più rilevanti e attendibili, tuttavia è chiaro che il metodo più immediato e di facile esecuzione risulti essere l’analisi sensoriale.

Essendo questo un criterio soggettivo, esistono delle apposite tabelle di valutazione che vengono utilizzate per determinare, per l’appunto, il grado di freschezza del pesce e di conseguenza il valore commerciale dello stesso.

Quella utilizzata nei paesi EU suddivide i pesci in quattro categorie, l’ultima dei quali non potrà essere ammessa in commercio (Extra, A, B, non ammesso).

Ad esempio la categoria più pregiata definita Extra indica pesce con ODORE di alghe marine, PELLE con pigmentazione viva e cangiante e muco trasparente, OCCHIO convesso e papilla brillante, BRANCHIE senza muco.

Al contrario un prodotto non ammesso avrà un ODORE di putrido, PELLE con pigmentazione spenta e muco opaco, OCCHIO concavo al centro e papilla grigia e BRANCHIE con muco lattiginoso.

Tra le due si collocano categoria A e B, rispettivamente medio-alta e medio-bassa freschezza.

Il pesce è senz’altro un alimento molto più deperibile rispetto alla carne, processi legati all’azione principale di enzimi proteolitici e da batteri già presenti nel pesce vivo, entrambe le azioni possono essere efficientemente ritardate/controllate dal freddo.

I batteri presenti sulla pelle e nel tratto intestinale dei pesci si moltiplicheranno molto più velocemente a temperature prossime a quelle ambiente (25°C), portando a putrefazione il prodotto nel giro di due giorni, a temperature di 0-4°C la moltiplicazione degli stessi e l’attività enzimatica viene considerevolmente rallentata tanto da garantire conservazioni settimanali, nel caso dei surgelati verranno bloccati tali processi.

Pertanto, quando acquistiamo del pesce dovremo come primo accorgimento cercare di valutare se effettivamente la temperatura di conservazione sia apparentemente quella corretta (banchi non refrigerati o esposti al sole non sono ovviamente l’ideale).

Altri accorgimenti per il consumatore: la carne deve essere “soda”, premendo sul pesce con un dito quando questo viene tolto la carne non deve conservare “l’impronta” e se si prova a tenere il pesce in verticale questo dovrà restare (nei limiti del possibile) rigido e non “afflosciarsi” istantaneamente.

L’occhio deve essere brillante e sporgere leggermente, se invece fosse opaco o infossato, tale prodotto probabilmente non sarà fresco o conservato in maniera corretta; le branchie devono essere rosse e umide e non pallide o grigie, così come le squame ben aderenti alla carne e di colore brillante e vivace.

L’odore naturalmente deve essere quello di mare e non di putrito o ammoniaca, la testa non deve essere macchiata di sangue (soprattutto per i pesci azzurri, molto delicati e di facile deterioramento).

Conservazione Del Pesce

Passiamo alle modalità di conservazione e ai rischi legati al decadimento della freschezza.

Per poter beneficiare delle proprietà nutritive e benefiche di un prodotto come il pesce è importante che il consumo dello stesso avvenga in breve tempo dopo la pesca o che altrimenti vengano attuate le dovute pratiche di conservazione.

La miglior strategia casalinga ma non solo per il pesce fresco è la frigoconservazione (4°C) o surgelazione, un buon accorgimento sarà quello di eliminare antecedentemente le viscere, la testa, le pinne e la coda, eventualmente squamarlo e lavarlo bene.

Per quanto riguarda il commercio nelle grandi reti di distribuzione è ovvio che la catena del freddo e le buone pratiche di conservazione dovranno avvenire lungo tutta la filiera tramite mezzi che consentano il rispetto di tutti i parametri di conservazione.

La deperibilità è una “caratteristica” innata di tutti i sistemi biologici, e dunque anche del cibo, ma quali possono essere i rischi legati al decadimento della freschezza del pesce? Iniziamo col dire che questi fenomeni a carico del pesce sono quasi sempre accompagnati ad alterazioni a carico di odore ed aspetto, risultanti in un prodotto quasi impossibile da mangiare ben prima che eventuali sostanze tossiche possano essere prodotte.

Un’eccezione in tal senso può però essere rappresentata dal pesce azzurro, in particolare gli sgombroidi (tonno, sgombri…) che possono presentare livelli di istamina nelle carni in valori tossici senza apparenti alterazioni della carne.

Per tutelarsi da questo possibile inconveniente è bene accertarsi della freschezza e della provenienza del prodotto, magari facendo affidamento ad un rivenditore “di fiducia”.

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